
domenica 7 febbraio 2010
giovedì 19 novembre 2009
Presentazione 25/11
Qualcosa si sta muovendo
SOTTOTRACCIA…
Mercoledì 25 ore 16,30 aula 3
Facoltà di scienze politiche, Via Conservatorio 7 (MM1 San Babila)
Presentazione del giornale universitario Sottotraccia
Ci stanno arrestando, denunciando, caricando nelle piazze… per il governo siamo “guerriglieri”, “fannulloni”, “oppositori dell’innovazione”, “amici dei baroni”.
Ma i provvedimenti sull’università intaccano la corporazione docente? Il diritto allo studio è stato potenziato, come promesso più volte? Chi ha scritto i provvedimenti? Quali sono gli equilibri politici che li hanno permessi?
A tutte queste domande abbiamo cercato di rispondere nello speciale “merito e diritto allo studio” del primo numero di SOTTOTRACCIA, la nuova rivista universitaria della Statale di Milano.
Per scoprire le risposte a queste domande, partecipa alla presentazione di SOTTOTRACCIA!
A seguire aperitivo nel cortile della Facoltà
Se 60 denunciati e 2 sospensioni vi sembrano poco...
dello scorso autunno contro la legge 133. Gli altri studenti ne sanno poco o nulla, e siamo certi che questo argomento susciterà in molti di voi un freddo disinteresse.
Ecco perchè vorremmo cercare di comunicare proprio con chi, per motivi diversi, non ritiene gravi attacchi come questi alla libertá di manifestare
e di ribellarsi allo smantellamento
dell’istruzione pubblica. Già, perchè 60 denunciati sono un fatto molto serio, sia per i singoli in questione sia per i gruppi, i collettivi e le soggettività che durante l’Onda tutti voi in un modo o nell’altro avete conosciuto. Tuttavia, il pensiero più diffuso è di sano menefreghismo. Perchè
allora interessarsi delle vicende giudiziarie di 60 studenti?
Proviamo a rispondere.
In primo luogo perchè quegli studenti non hanno messo in gioco il proprio tempo perchè si
annoiavano in università. Questa potrebbe essere un’accusa tanto banale quanto fuorviante da parte di chi spesso addita le mobilitazioni degli studenti come manifestazioni di fancazzismo. Di fancazzista in tutto questo c’è proprio poco. C’è e c’era in quei mesi, un’indignazione, una profonda
carica di rabbia, che in tanti non si è spenta. Rabbia per un’università che, travolta dalla crisi e dalle sue disfunzioni croniche, non trovava di meglio da fare che cambiarsi in peggio, millantando riforme strutturali e meritocratiche che, oltre a lasciare i baroni al loro posto, spalancano porte, portoni e finestre
alle fondazioni e al capitale privato. Ecco allora un primo motivo per non lasciare soli quei 60 studenti. Per esprimere solidarietà e sostegno a chi ha messo in gioco sé stesso con passione per la difesa di un bene comune, cioè di tutti, ricchi, poveri, lavoratori, precari, docenti
e studenti. Ma non si tratta solo di questo. Quelle denunce
rappresentano un pericolo per tutti. Perchè spostano sul piano giudiziario il confronto politico sul futuro dell’istruzione e delle ricerca che l’Onda aveva saputo affrontare collettivamente. Cosí come sono un pericolo le 2 sospensioni che il Senato Accademico della Statale ha comminato lo scorso settembre a 2 studenti, rei di aver partecipato
a un’iniziativa poltica, la “The Cleva Cup” che denunciava l’ipocrisia dei baroni, a partire dal Rettore Decleva. Quando al dissenso si risponde con gli apparati
repressivi (magistratura nei tribunali, polizia nelle piazze e nelle universitá), significa che i politici, i baroni, i burocrati
che lavorano alle riforme dell’istruzione si rifiutano di affrontare le rivendicazioni di cambiamento dal basso, e decidono
di colpire un gruppo di studenti
e fare terra bruciata intorno,
additandoli come “pericolosi sovversivi” o “lesivi del docoro dell’Accademia”. Questo per legittimare come interlocutori solo alcuni timorosi e timorati leccapiedi che certamente niente hanno da dire di critico ai potenti dell’università, per non rischiare la carriera nei partiti o in universitá... Ecco allora un altro motivo per non lasciare soli i 60 denunciati per essere scesi in piazza con centinaia di migliaia di persone,
genitori, maestri, insegnanti,
lavoratori, ricercatori, studenti che in tutta Italia hanno bloccato il traffico delle cittá, hanno occupato i binari delle stazioni ferroviarie per cercare di impedire a Tremonti
e Gelmini di distruggere l’istruzione pubblica.
Ci rendiamo conto che per chi non si occupa regolarmente di università, per chi non fa politica militante, interessarsi di queste cose è difficile e quasi fastidioso.
Ma i denunciati e i sospesi sono studenti come voi, che si sono messi in gioco per un’università migliore. Per questo non possiamo
lasciarli soli. E non possiamo permettere che un confronto, anche aspro, su questioni cruciali
per il futuro nostro e di questo sciagurato paese, venga ricacciato nelle aule dei tribunali
ed eluso e cloroformizzato nelle nostre vetuste e dormienti università.
LO SPECIALE: MERITO E DIRITTO ALLO STUDIO
si aggravano e dall’altro la mobilità sociale è minima, l’idea che ognuno possa disporre delle opportunità che le proprie capacità gli offrono, sembra condivisibile.
Inchiesta
Proviamo a distinguere i provvedimenti adottati dai “valori” usati per legittimarli:
l. 1/2009, ripartizione differenziata dei tagli della 133/2008 in base alla classifica ministeriale delle università meritevoli, via libera ai concorsi indetti ormai 2 anni fa e annunciata riforma della governance. Quali sono gli equilibri che hanno portato a questi provvedimenti? La struttura di potere che governa l’università (il cosiddetto baronato) ne è intaccata? C’è una relazione tra il merito e i dispositivi implementati dal ministero?
Cercheremo di rispondere a queste domande analizzando la classifica degli atenei virtuosi dello scorso 24 luglio, tracciando i profili dei paladini del merito nell’Universitá, usando le informazioni raccolte dal collettivo Fuori Controllo di Scienze Politiche.
Giallo al ministero dov'è sparito il merito?
La cronistoria
I protagonisti del merito
I Privati
Diversi sono stati i provvedimenti legislativi volti a una privatizzazione del sistema università,
a partire dalla possibilità per le università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato (l. 133/2008), per arrivare all’annunciata presenza nel Consiglio di Amministrazione
di almeno il 40% di membri esterni (ddl di riforma dell’Universitá). Saranno i privati made in Italy a salvarci dai baroni e a instaurare la meritocrazia? Cercheremo di rispondere a partire da esempi concreti.
Ci salveranno i Privati?
Diritto allo Studio
Se i provvedimenti adottati dal governo andassero in una “direzione” meritocratica, vedremmo maggiori opportunità per gli studenti provenienti da backgrounds disagiati e meno abbienti. Vedremmo insomma qualche forma di potenziamento del diritto allo studio capace di garantire paritá di condizioni materiali. Perché solo cosí avrebbe senso ricondurre le differenze nei rendimenti al merito individuale. Se i tagli fossero indirizzati
a colpire i baroni e a incrementare il diritto dello studio vedremmo piu’ servizi per gli studenti e regole che cercano di scalfire la corporazione docente. Ci addentreremo nella nostra università, la Statale di Milano, con l’aiuto di uninversi.org : biblioteche, mensa, tasse…. (nel prossimo numero casa e mobilitá). A che punto siamo?
Diritto allo Studio e servizi agli studenti, a che punto siamo?
Un pranzo in Statale
Le tasse aumenteranno?
Le precondizioni del Merito
Il merito, per poter passare da semplice valore a criterio in base al quale ridistribuire ricchezza, deve poter essere definito, scomposto in indicatori e misurato attraverso indici. Ma quali ne sono le precondizioni? Daremo qualche spunto di riflessione, non abbiamo una risposta pronta. Contribuite alla discussione inviandoci le vostre opinioni a
sotto-traccia@inventati.org.
Le pubblicheremo sul nostro sito sottotraccia.tk e sul prossimo numero della rivista.
Le precondizioni del merito
l'inchiesta sulla classifica degli atenei virtuosi
Nell’autunno del 2008, a pochi mesi dal suo insediamento, il governo si è trovato ad affrontare
il primo movimento di protesta. Dalle scuole materne fino all’università, il mondo dell’istruzione é sceso in piazza
contro i tagli decisi dalla manovra finanziaria per il 2009 (l.133/2008). Tagli voluti e così illustrati dal potente Ministro Tremonti alla Camera: “dovendo ridurre il deficit e non potendo aumentare le tasse, le alternative
che ci si aprivano non erano numerose: si trattava di una politica
di serio contenimento delle dinamiche incrementali della spesa pubblica” (17/07/2008) .
L’Onda è stato un movimento capace di unire diverse componenti
sociali e di riscuotere consenso nell’opinione pubblica. Situazione problematica per la Gelmini, che finiva per essere facile bersaglio dei manifestanti,
ma anche dei colleghi di governo, e per giunta a causa di provvedimenti non suoi e che il 31 luglio aveva commentato negativamente: “Per quanto riguarda le risorse, è inutile ripetere cose già dette [..] Il turn over è certamente una misura pesante che, come ho già detto, è stata imposta dalla situazione economica dello Stato. Siamo consapevoli di arrecare un danno ai giovani, soprattutto a coloro che dovrebbero entrare nell’università”.
“La filosofia cui intendo uniformare
l’azione del ministero [..] si fonda sul trinomio autonomia, valutazione, merito, che è anche quanto l’Italia, oggi, si aspetta da noi”, così il 17 giugno 2008 il Ministro Gelmini si rivolgeva
già per la seconda volta alla Commissione per spiegare
il suo progetto di riforma dell’università. Non sarebbe potuta andare peggio: nel giro di pochi mesi si è trovata non solo senza fondi, ma anche molto impopolare.
La Gelmini ha deciso di affrontare le proteste di piazza
continuando ad inneggiare alla riforma dell’istruzione, alla necessità di combattere le baronie
negli atenei, ai grembiulini nelle scuole.... cosa abbastanza tragicomica visto che l’unico provvedimento di una qualche consistenza era il drastico taglio alla spesa pubblica, dalla scuola materna all’università. Man mano che le proteste crescevano,
la Gelmini ha cominciato ad usare l’ufficio stampa del ministero per annunciare, a scadenze brevi e regolari, l’arrivo di un’imminente riforma dell’università che avrebbe introdotto meritocrazia e valutazione contro gli interessi della corporazione docente che, insieme ai partiti della sinistra,
strumentalizzava i poveri ingenui nelle piazze. Poco importa
che i partiti della sinistra abbiano avuto scarsissimo peso nel movimento, perlomeno quello universitario, né che nelle piazze, oltre che contro i tagli, si protestasse contro i baroni.
Infine arrivò il merito
Tra il 10 novembre 2008 e il 28 ottobre 2009 sono infine arrivati i primi provvedimenti che preparano la strada della riforma dell’università: la l. 1/2009; i provvedimenti che ne attuano tutti i punti (tranne il potenziamento del diritto dello studio), tra cui la classifica degli atenei per ripartire quello che rimane del FFO; una bozza del regolamento dell’Anvur; la direttiva n. 160; il ddl di riforma dell’università. Tutto in nome della meritocrazia e contro la corporazione docente. Quali sono gli equilibri che ne hanno resa possibile l’approvazione? La struttura di potere che governa l’università (il cosiddetto
baronato) ne è intaccata? Abbiamo cercato di rispondere a queste domande a partire dalla classifica degli atenei meritevoli.
La classifica degli atenei virtuosi
24 luglio 2008. Stando al comunicato del Ministero e alle prime pagine dei quotidiani, è stato il giorno della rivoluzione nel sistema universitario. Repubblica: “Università, scatta la rivoluzione: più finanziamenti agli atenei migliori”; il Corriere: “Più fondi agli atenei migliori. La lista dei 27 centri virtuosi che riceveranno € 525 milioni”.
Tuttavia il ministro Gelmini ha semplicemente firmato una serie di provvedimenti attuativi della l. 1/2009 (salvo quelli per il potenziamento del diritto allo studio). Ha sbloccato i concorsi indetti nel 2008 per la felicità dei baroni che già si stanno accordando nei dipartimenti per decidere chi far passare (con quali soldi?). Ha stabilito i criteri per la ripartizione del 7% del FFO per il 2009 (523,5 mil. €) peraltro con mesi di ritardo rispetto al 31 marzo, limite previsto dalla l. 1/2009. Ancora piú in ritardo (il 23 settembre) é arrivato il decreto che ha effettivamente sbloccato i fondi per l'anno in corso.
I rettori delle università penalizzate hanno rilasciato dichiarazioni molto critiche, sottolineando l'arbitrarietà dei criteri utilizzati per valutare il merito e la qualità. Meno critici i rettori degli atenei virtuosi, come il Rettore di Trento, prima in classifica: “Lavorare premia: in Italia è una eccezione ma questa volta è successo”, o il Rettore dell'Università di Chieti, tredicesima: “Il 13° posto della d'Annunzio tra le università italiane non mi coglie di sorpresa. In parte lo sapevo già, in parte me lo aspettavo”. La corporazione docente sembra sconfitta: ogni Rettore commenta comprensibilmente la prestazione del proprio ateneo a seconda della posizione in classifica.
C'E' QUALCOSA CHE NON QUADRA
Sembrerebbe una classifica rigorosa e imparziale, che ha premiato chi se lo meritava. Tuttavia qualcosa non quadra... Come mai il ministero non ha mai divulgato le tabelle riassuntive e di confronto per tutte le università? C'è la classifica ma non i dati...... Quello che sappiamo é poco rassicurante: € 172.76 milioni sono stati assegnati in base a dati raccolti dal Civr piú di sei anni fa, nella valutazione triennale della ricerca 2001-2003. Molto discutibili anche gli indicatori scelti per misurare la qualitá della ricerca e la qualitá della didattica come il rapporto tra il numero di insegnamenti per i quali è stato richiesto il parere degli studenti ed il numero totale di insegnamenti attivi , o la percentuale di laureati 2004 occupati a tre anni dal conseguimento del titolo.
La classifica lascia qualche dubbio... E' strano vedere cosí distanti la Statale di Milano (11°) e La Sapienza di Roma (42°).
CHIETI -PESCARA COME OXFORD?
Qualcos'altro non quadra.... L'Universitá di Chieti e Pescara é 13°. Dal Rapporto del 2008 sullo Stato del Sistema Universitario apprendiamo che la metà degli immatricolati all'ateneo non residenti in Abruzzo, “risultano immatricolati dopo sei o più anni di distanza dal conseguimento del diploma di maturità. Ciò potrebbe essere dovuto all’effetto di specifiche convenzioni per il riconoscimento di crediti relativi ad attività lavorative pregresse”. La conseguenza? Nel 2007 il 53,3% dei laureati all'Universitá di Chieti, ha coneguito la laurea precocemente. Ovviamente il rapporto tra il numero di crediti conseguiti e il numero di crediti previsti é uno degli indici della qualitá della didattica usati dal ministero. E' strano che Giavazzi non si sia stupito di vedere l'ateneo abruzzese cosí in alto nella classifica. Come ha potuto dimenticarsi il divertente articolo di Stella e Rizzo del 26 ottobre 2008 intitolato “Universitá, il business dei laureati precoci. La metá negli atenei di Siena e Chieti”?
Il prof. Cuccurullo non ricopre solo l'incarico di rettore della Oxford abruzzese dal 1997 (attualmente é al quinto mandato, lo Statuto non pone limiti): dallo stesso anno è anche Presidente della II sezione del Consiglio Superiore di Sanità; é presidente della fondazione privata G. D'Annunzio finanziata generosamente dall'ateneo ma anche da molte case farmaceutiche ; é presidente per Statuto del CdA dell'universitá telematica Da Vinci; dal 2001 é presidente del Civr. Naturalmente Chieti fa parte dell'Aquis. Non ci stupirebbe scoprire che una persona cosí qualificata e meritovele abbia anche stilato la classifica.
La Cronistoria
1) Il 28 maggio 2008, il consiglio dei ministri approva l'atteso decreto legge n. 93/2008 (convertito nella legge n. 126/2008), che abolisce i l'ICI. Il mancato gettito viene coperto anche con una riduzione del FFO, a partire dal 2010, di 467 milioni più 16 milioni per ciascuno degli anni 2008-2009-2010 (art. 5, c. 1 e 7).
2) Il 25 giugno 2008, su proposta del Ministro del Tesoro On. Tremonti, il Consiglio dei Ministri approva , Gelmini compresa, il decreto legge n. 112 concernente: “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.
3) Il 5 agosto 2008 viene convertito dal parlamento nella legge n. 133, parte della monovra finanziaria per il 2009. Questi i punti che riguardano l'università: taglio del FFO ( Art.66 comma 13), Riduzione del turn over del personale ( Art. 66 commi 1-11, 14), facoltà per le università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato (Art. 16 commi 1,2,5,9).
4) Il 10 novembre 2008 il consiglio dei ministri adotta il decreto legge n. 180, “Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca”. E' un provvedimento integrativo rispetto alla legge 133. I provvedimenti più rilevanti: nuove norme per i concorsi per i professori universitari e i ricercatori (art. 1); dal 2009 più fondi alle università nazionali migliori (art. 2) per risultati didattico-formativi e di ricerca ( se un ateneo è virtuoso lo stabilisce il Miur stilando una classifica); potenziamento del diritto allo studio (art. 3) ricorrendo alle “risorse del fondo per le aree sottoutilizzate”.
5) Il 9 gennaio 2009 il parlamento converte il dl. 180/2008 nella l. 1/2009.
6) Il 24 luglio 2009 il Consiglio dei Ministri approva in prima lettura il regolamento dell'Anvur e i provvedimenti adottati attuativi del dl 180/2008 (tranne quelli riguardanti il diritto allo studio):
- classifica dei 27 atenei nazionali più meritevoli e delle altrettante università più viziose in base alla quale attribuire il 7% del FFO del 2009, ridotto dalla l.133/2008.
- bozza di regolamento dell'Anvur, che sostiuirà Civr e Cnvsu e tra le sue funzioni avrà quella di differenziare la ripartizione del FFO.
- sblocco dei concorsi banditi nel 2008 e bloccati dalle nuove norme entrate in vigore con il dl 180/2008.
7) Il 4 settembre 2009 il Ministro Gelmini interviene con la direttiva n°160. Tra i consigli agli atenei: “ si incentiva la possibilità di conferire incarichi, conteggiabili parzialmente per i requisiti, ai docenti in pensione”.
Questo perchè ai docenti non in pensione non vengono pagati i contributi. Intanto l’assunzione di organico strutturato rimane bloccata al 20%.
8) Il 28 ottobre 2009 il consiglio dei ministri approva il ddl di riforma dell'università. Secondo il ministro l ariforma “sarà legge nei primi mesi di febbraio dell'anno prossimo, tra febbraio e marzo. Poi ci vorranno sei mesi per i decreti legislativi. Entro un anno sarà applicata”.
I silenziosi coltelli di casa CRUI
Come è possibile che prima che l'Udu pubblicasse i dati dell'inchiesta, nessuna tra le università colpite, tranne quella di Parma, si fosse accorta dei “misteri” della classifica? In seguito qualche rettore ha rilasciato dichiarazioni piuttosto dure, la Cgil-flc ha chiesto chiarimenti, ma a fine settembre tutti sembravano essersene già dimenticati. Intervistato lo scorso 24 luglio Frati, rettore de La Sapienza, si è limitato a criticare l'utilizzo di dati vecchi, senza mettere in discussione la classifica stessa. Decleva, presidente della Crui e rettore della Statale di Milano, non ha speso una parola a riguardo.
Forse non tutti sanno del silenzioso conflitto per la presidenza della Crui, che le nostre fonti ci informano essersi consumato tra Decleva e Frati. Il secondo mandato del Rettore della Statale sarebbe dovuto scadere lo scorso 30 settembre. Siccome lo Statuto pone il limite di due mandati, Decleva avrebbe dovuto abbandonare anche la presidenza della Crui. A cavallo tra il 2008 e il 2009 a Milano si é discusso se fosse opportuno modificare lo Statuto ad personam. Nel frattempo Luigi Frati, decisamente piú vicino al governo, si stava organizzando per prendere il posto del rivale milanese. Gli undici rettori delle universitá lombarde non hanno esitato a schierarsi col Magnifico scrivendo al Senato Accademico della Statale. “Si avvicina il dibattito politico sulla riforma della governance degli atenei e cambiare ora la guida della Crui sarebbe dannoso” ha spiegato il Rettore Fontanesi (Bicocca) a Repubblica il 29 dicembre . Infine, nonostante le iniziative di protesta dei collettivi, il 20 marzo il Senato della Statale ha modificato lo Statuto. Come mai la modifica, confermata con decreto ministeriale, non ha suscitato nessuno scalpore al ministero? Come mai la Gelmini ha preferito avere al tavolo della riforma un rettore “ostile” rispetto a uno “allineato”? Decleva non ha mai risposto a queste domande rivoltegli dai collettivi, ció che é certo é che La Sapienza si é trovata con quasi € 11 milioni in meno. Non ha risposto nemmeno all'invito rivoltogli ufficialmente dal Consiglio della Facoltá di Scienze Politiche di Milano lo scorso 10 febbraio a illustrare “il programma che intende proporre per il biennio di prolungamento del Suo mandato rettorale, nonché i provvedimenti di riforma delle governance dell’Ateneo che gli consentano di svolgere efficacemente entrambi gli impegnativi ruoli di Rettore [..] e di Presidente della CRUI”. I tagli all'universitá restano e secondo alcune indiscrezioni il bilancio della Statale sará in rosso di € 30 milioni giá dal 2010.
Come è stata fatta la classifica?
A metá settembre l'Udu é riuscito a avere i dati del ministero e li ha utilizzati per ricalcolare la classifica in base agli stessi criteri. Il risultato é assai diverso: La Sapienza risulta 2°, Milano 3°. Trento, la migliore, risulta 19°. Come si puó arrivare a risultati cosí diversi utilizzando gli stessi dati e facendo gli stessi calcoli? Semplice: la classifica della Gelmini non riporta l'indice di merito totale (“la misura del merito”) di ogni ateneo né tantomeno la porzione di quel 7% assegnato in base all'indice. Espone invece la variazione percentuale dei fondi assegnati a ciascun ateneo rispetto a quelli che avrebbe ricevuto senza la ripartizione differenziata. Dall'ammontare della quota base del FFO viene sottratto il 7% (€ 523,5 milioni). Questo importo viene ripartito tra gli atenei in funzione dell'indice di merito totale. Sommando la parte dei €523,5 milioni ottenuta in base all'indice di merito totale e la parte della quota base del FFO, si ottiene il finanziamento di ogni ateneo. La differenza percentuale tra questa somma e quanto ogni ateneo avrebbe ricevuto senza ripartizione differenziata determina la posizione in classifica. Gli “effetti ottici” che ne derivano sono notevoli (vedi tabella). Così La Sapienza, pur essendo la 2° per “merito”, con l'attuale modello di ripartizione del FFO riceve circa € 11 milioni in meno. La Oxford abruzzese invece, nonostante sia stata “aiutata”, come visto sopra, dalla scelta degli indici di merito, risulta 35°, ma riceve l'1,50% in più. Insomma: si sono scelti dei criteri discutibili, li si é applicati a dati vecchi, i risultati sono stati utilizzati per ripartire un fondo già decurtato e infine pubblicati in una tabella “distorta”. Il risultato? alcune tra le “peggiori” università si trovano in cima alla classifica e premiate, altre, tra le più “meritevoli”, sono invece state punite.
Chi ha fatto la Classifica?
Nei mesi precedenti la pubblicazione della classifica, sembrerebbe esserci stato un grande confronto tra le cordate nazionali di rettori per decidere i criteri e i dati da utilizzare. Consideriamo lo sfortunato “caso Macerata”. Il Rettore Roberto Sani in un comunicato dello scorso 12 giugno annunciava il suo Ateneo “terzo tra i 58 atenei italiani statali per virtuosità [..] Con l’applicazione della l. 1/2009 si troverebbe a ricevere una cifra consistente come quota premiale sulla base del merito”. Invece l’Ateneo si scoperto al 48° posto in base al merito, 53° nella classifica della Gelmini, con -3.14% di finanziamenti. Come mai? A spiegarlo il prorettore Roberto Sani in un comunicato rilasciato il 24 luglio stesso: il rettore “sulla base dei criteri stabiliti a suo tempo dal ministero, aveva giudicato molto positivamente la posizione dell’ateneo tra le Università italiane. Nel frattempo però sono cambiati i criteri di valutazione per cui il nostro ateneo [..] è tra gli ultimi”.
Anche se la classifica non é molto trasparente, non si tratta certamente del rinomato management made in Italy, “prima ci spartiamo i fondi in base agli equilibri politici, poi penseremo a indire gli appalti o a inventarci i criteri”.
Alla giornalista de Il Messaggero che gli chiedeva un commento sulla controinchiesta dell’Udu, Frati ha risposto: “per il futuro voglio [..] che le cose siano fatte per bene [..] E poi nelle commissioni che hanno preparato i dati, tra i valutatori, c’è anche qualche destinatario delle risorse e questo non va” (22/09/2009). Il Rettore Cuccurullo sembra confermare: “Il 13° posto della d'Annunzio tra le università italiane non mi coglie di sorpresa. In parte lo sapevo già, in parte me lo aspettavo [..] Questi dati io li ho visti nascere in anticipo, dato che conoscevo il meccanismo attraverso il quale si arriva a decidere quale università è di eccellenza e quale no. Tradotto in finanziamenti, questo significa una buona dote premiale in più, il che di questi tempi non guasta proprio” (intervista del 24 luglio pubblicata su primadanoi.it, quotidiano abruzzese on line) .
Se il ministero rendesse pubblici i nomi dei meritevoli che hanno lavorato alla classifica potremmo verificare la fondatezza di quanto ci hanno confermato le nostre fonti: Franco Cuccurullo avrebbe stilato la classifica insieme a Antonello Masia (Capo del Dipartimento per l'Universitá, MIUR) e Marco Tomasi (Direttore della Direzione Generale per l'Universitá, MIUR). Marco Tomasi é stato Direttore Amministrativo prima dell'Universitá di Trento (1°) e in seguito del Politecnico di Torino (2°). Carica che ha dovuto abbandonare il 14 luglio scorso, data della nomina al Ministero. Antonello Masia merita un capitolo a parte (vedi i protagonisti del merito).
Povera Gelmini tre volte ostaggio...
“Non si cambia l’università in un giorno, ma questo è un secondo segnale forte (il primo fu il decreto sui concorsi di novembre) del quale il ministro Gelmini porta tutto il merito” così l'editoriale del Corriere firmato Giavazzi del 25 luglio scorso.
Assai diverso è il quadro complessivo che emerge da questa inchiesta: un ministro incompetente e che conta meno di zero. All’interno del governo la Gelmini è ostaggio del potente Ministro Tremonti che ha già decretato la morte della ricerca universitaria e dell'università pubblica accollandole i costi dell’abolizione dell’ICI e della crisi (dl. 93/2008 e l. 133/2008). La Gelmini è anche ostaggio delle alte cariche del suo dicastero come il Capo del Dipartimento per l'Universitá Antonello Masia e dei potentati di baroni che, in un’estenuante lotta per spartirsi le briciole rimaste, di fatto scrivono e decidono i provvedimenti da adottare. Ovviamente su indirizzo politico del Ministro: “La filosofia cui intendo uniformare l'azione del ministero [..] si fonda sul trinomio autonomia, valutazione, merito, che è anche quanto l'Italia, oggi, si aspetta da noi”.
E' su questi presupposti che il “Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio” è stato approvato dal Consiglio dei Ministri dello scorso 28 ottobre. Lo stiamo analizzando, alla prossima….
LE PRECONDIZIONI DEL MERITO
E' molto probabile che vi risponda che è un valido principio e che rappresenta lo strumento ideale per premiare coloro che se lo meritano.
Niente di cui stupirsi, in Italia esiste un atavica fame di merito: una struttura sociale bloccata e nepotistica produce necessariamente, da parte dei giovani, una richiesta di un criterio valutativo”nuovo” in grado di scardinare le attuali gerarchie.
Eppure spesso di merito se ne sente parlare troppo ed a sproposito, il merito rappresenta un concetto “giusto a prescindere” e proprio per questo strutturalmente ambiguo, che può essere mobilitato in difesa qualsiasi posizione: da quella, corretta, di chi vede sminuite le proprie competenze da un sistema iniquo; a quella, profondamente distorta, di coloro che, privi di qualsiasi merito personale, non disdegnano di utilizzare “Il Merito” allo scopo di attaccare ciò che intralcia il loro personalissimo potere: servizio pubblico, scuola, studenti solo per citarne alcuni.
A questo punto, per capire il merito c'è la necessità di fare un passo indietro enumerando le precondizioni materiali in grado di rendere reale il concetto.
In primo luogo il merito presuppone un' uguaglianza sostanziale delle posizioni di partenza, perché i nostri risultati finali siano frutto del nostro lavoro personale occorre che a tutti sia concessa la stessa dotazione di partenza. Questo per quanto riguarda l'università richiede che si provveda a tutte quelle iniziative che rendono reale il “diritto allo studio”.
Per una dimostrazione più precisa vi rimandiamo all'inchiesta ma se avete mai provato a usufruire di un alloggio o a richiedere una borsa di studio o se anche solo siete fuorisede avete certamente provato sulla vostra pelle la “concretezza” del diritto allo studio.
In secondo luogo il merito presuppone una valutazione ed, ovviamente un valutatore; questo apre tutta un altra serie di problemi.
Una valutazione strettamente oggettiva è, per definizione, impossibile e, per quanto sia possibile ed auspicabile l'utilizzo di criteri valutativi trasparenti, sperare nell'imparzialità di una classe politico-amministrativa ostaggio di lottizzazioni, quote di partito, feudi e baronie personali ci sembra quantomeno ingenuo.
In conseguenza di queste due semplici osservazioni possiamo considerare come del merito si senta solo “il profumo” senza mai poterne assaporare la sostanza.
Resta da capire il ruolo concreto dell'ideologia del merito nel sistema contemporaneo per rendercene conto basta uno sguardo ai dati occupazionali dei laureati1.
Ad un anno dalla laurea specialistica non lavora il 37,8 % dei laureati; del restante 62% che lavora il 18 % lavora part time, il 42% finisce nel pantano dei contratti “atipici”ed il 3,5% direttamente lavora senza contratto. A rincarare la dose aggiungiamo sia il fatto che esiste una differenza netta di 300 euro fra lo stipendio medio di uomini e donne a vantaggio dei primi (nonostante il voto delle donne sia, in media, più alto di due punti) sia il fatto che il 45,6 % dei “lavoratori” semplicemente prosegue un lavoro che esercitava prima della laurea.
Da questi dati possiamo renderci conto che in Italia esiste una massa di individui per cui il titolo di studio e le conoscenze apprese hanno ben poca connessione con il lavoro e la conseguente posizione sociale, tutto questo dà l'idea del fallimento completo della laurea quale mezzo per migliorare le proprie condizioni.
A fronte di questo sfacelo l'ideologia del merito sembra essere utilizzata come procedura di “conenimento dei danni”. In pratica se le cause del fallimento sono e restano strutturali (basta un minimo di memoria storica per ricordare gli sfaceli delle varie riforme e riformine) il merito permette di spostare la colpa dell'insuccesso sul singolo individuo: non ti sei laureato in tempo ? La colpa non è del fatto che non hai potuto usufruire di servizi decenti, del fatto che magari hai dovuto lavorare per pagarti gli studi o del fatto che non esistono abbastanza appelli d'esame; no il problema è il tuo non esserti impegnato abbastanza.
Rincariamo ulteriormente la dose.
E' cosa accertata, anche senza citare dati, che in Italia nella ricerca di un lavoro decente contino più le conoscenze personali e familiari che i titoli accademici, è quasi banale parlarne. Tuttavia quello che non è banale è il notare come le richieste di una maggiore meritocrazia giungano spesso e volentieri da persone che si sono ben guardate dall'utilizzare il merito quale criterio guida per la loro ascesa al potere. Come esempio basti considerare le storie personali del ministro Brunetta e della presidente di confindustria Emma Marcegaglia: il deprimente curriculum accademico del primo è stato oggetto di un numero dell'Espresso e per quanto riguarda la seconda, visto e considerato che porta lo stesso cognome dell'azienda che dirige possiamo considerare quali insormontabili difficoltà debba aver affrontato nell'ottenere cotanta posizione di prestigio da parte di suo padre.
Ora, il problema del merito come concetto esiste nella misura in cui l'ideologia del merito impedisce la discussione dei presupposti di una reale meritocrazia; per essere più diretti il problema è costituito da quanti, saliti al potere per ragioni tutt'altro che meritocratiche utilizzano il paravento del merito sia per nascondere l origine della propria posizione sia per disciplinare tutta quella massa di studenti e lavoratori scontenti e sottoccupati rendendoli responsabili di colpe non loro ,onde evitare che queste stesse persone si rendano conto di quanto la responsabilità della loro condizione risieda altrove.
Ora, considerato questo, rimane sempre la solita domanda “che fare?”: abbandonare totalmente il concetto di merito come ideologico ed irrealistico oppure selezionare alcuni correttivi che permettano di sostituire al “profumo del merito” una meritocrazia fattuale?
La risposta è tutt'altro che semplice, travalica lo scopo di questo semplice articolo e, data la sua importanza, nemmeno sarebbe corretto darla in questa sede; in effetti crediamo che la risposta debba emergere dalla discussione fra il giornale ed i suoi lettori, proprio per questo vorremmo che foste anche voi, insieme a noi, a ragionare sul concetto di merito.
Fatelo, mandandoci delle email, raccontandoci cosa pensate sul tema. Le proposte , i problemi segnalati e la discussione che ne scaturirà saranno poi pubblicati.
UN PRANZO IN STATALE?
In realtà la questione è ben più grave.
La possibilità di mangiare un pasto caldo, e buono, ad un prezzo contenuto dovrebbe essere una certezza per gli studenti universitari; e infatti in gran parte degli altri atenei italiani non capita di spendere 7-8 euro per un pasto. In altre città il CIDIS (ex ISU), o chi per lui, si preoccupa di rimborsare gran parte del costo del pranzo: le mense costano come da noi, ma, se si presenta il tesserino universitario, si paga la metà.
E' troppo pretendere che la mensa sia un posto confortevole e di socializzazione? Non hanno diritto gli studenti a mangiare in tranquillità (senza essere cacciati appena finito il pasto), a fare colazione ripassando gli appunti prima di un esame, a discutere di filosofia, storia o geografia sorseggiando una birra in compagnia?
A queste se ne aggiungono alcune che rivelano aspetti più inquietanti: perché le porte di sicurezza della mensa sono sprangate? Come mai la Statale appalta la ristorazione a una ditta scadente, cara e che fa ampio uso di manodopera precaria?
Uninversi ha iniziato il suo percorso sulle mense con una serie di provocatori pranzi sociali a base di cous-cous vegetariano e con un filmato che riprende le uscite di sicurezza bloccate dai lucchetti (primavera scorsa. n.d.r.) che sarà a breve pubblicato sul sito. Ora intende sviscerare il problema con un'indagine approfondita che parta dalle colpe del CIDIS fino al ruolo dell'amministrazione e dell'Aspam (la ditta appaltatrice. n.d.r.).