giovedì 19 novembre 2009

LE PRECONDIZIONI DEL MERITO

Avete mai provato a chiedere ad un cittadino italiano cosa pensa della meritocrazia?
E' molto probabile che vi risponda che è un valido principio e che rappresenta lo strumento ideale per premiare coloro che se lo meritano.
Niente di cui stupirsi, in Italia esiste un atavica fame di merito: una struttura sociale bloccata e nepotistica produce necessariamente, da parte dei giovani, una richiesta di un criterio valutativo”nuovo” in grado di scardinare le attuali gerarchie.
Eppure spesso di merito se ne sente parlare troppo ed a sproposito, il merito rappresenta un concetto “giusto a prescindere” e proprio per questo strutturalmente ambiguo, che può essere mobilitato in difesa qualsiasi posizione: da quella, corretta, di chi vede sminuite le proprie competenze da un sistema iniquo; a quella, profondamente distorta, di coloro che, privi di qualsiasi merito personale, non disdegnano di utilizzare “Il Merito” allo scopo di attaccare ciò che intralcia il loro personalissimo potere: servizio pubblico, scuola, studenti solo per citarne alcuni.
A questo punto, per capire il merito c'è la necessità di fare un passo indietro enumerando le precondizioni materiali in grado di rendere reale il concetto.
In primo luogo il merito presuppone un' uguaglianza sostanziale delle posizioni di partenza, perché i nostri risultati finali siano frutto del nostro lavoro personale occorre che a tutti sia concessa la stessa dotazione di partenza. Questo per quanto riguarda l'università richiede che si provveda a tutte quelle iniziative che rendono reale il “diritto allo studio”.
Per una dimostrazione più precisa vi rimandiamo all'inchiesta ma se avete mai provato a usufruire di un alloggio o a richiedere una borsa di studio o se anche solo siete fuorisede avete certamente provato sulla vostra pelle la “concretezza” del diritto allo studio.
In secondo luogo il merito presuppone una valutazione ed, ovviamente un valutatore; questo apre tutta un altra serie di problemi.
Una valutazione strettamente oggettiva è, per definizione, impossibile e, per quanto sia possibile ed auspicabile l'utilizzo di criteri valutativi trasparenti, sperare nell'imparzialità di una classe politico-amministrativa ostaggio di lottizzazioni, quote di partito, feudi e baronie personali ci sembra quantomeno ingenuo.
In conseguenza di queste due semplici osservazioni possiamo considerare come del merito si senta solo “il profumo” senza mai poterne assaporare la sostanza.
Resta da capire il ruolo concreto dell'ideologia del merito nel sistema contemporaneo per rendercene conto basta uno sguardo ai dati occupazionali dei laureati1.
Ad un anno dalla laurea specialistica non lavora il 37,8 % dei laureati; del restante 62% che lavora il 18 % lavora part time, il 42% finisce nel pantano dei contratti “atipici”ed il 3,5% direttamente lavora senza contratto. A rincarare la dose aggiungiamo sia il fatto che esiste una differenza netta di 300 euro fra lo stipendio medio di uomini e donne a vantaggio dei primi (nonostante il voto delle donne sia, in media, più alto di due punti) sia il fatto che il 45,6 % dei “lavoratori” semplicemente prosegue un lavoro che esercitava prima della laurea.
Da questi dati possiamo renderci conto che in Italia esiste una massa di individui per cui il titolo di studio e le conoscenze apprese hanno ben poca connessione con il lavoro e la conseguente posizione sociale, tutto questo dà l'idea del fallimento completo della laurea quale mezzo per migliorare le proprie condizioni.

A fronte di questo sfacelo l'ideologia del merito sembra essere utilizzata come procedura di “conenimento dei danni”. In pratica se le cause del fallimento sono e restano strutturali (basta un minimo di memoria storica per ricordare gli sfaceli delle varie riforme e riformine) il merito permette di spostare la colpa dell'insuccesso sul singolo individuo: non ti sei laureato in tempo ? La colpa non è del fatto che non hai potuto usufruire di servizi decenti, del fatto che magari hai dovuto lavorare per pagarti gli studi o del fatto che non esistono abbastanza appelli d'esame; no il problema è il tuo non esserti impegnato abbastanza.
Rincariamo ulteriormente la dose.
E' cosa accertata, anche senza citare dati, che in Italia nella ricerca di un lavoro decente contino più le conoscenze personali e familiari che i titoli accademici, è quasi banale parlarne. Tuttavia quello che non è banale è il notare come le richieste di una maggiore meritocrazia giungano spesso e volentieri da persone che si sono ben guardate dall'utilizzare il merito quale criterio guida per la loro ascesa al potere. Come esempio basti considerare le storie personali del ministro Brunetta e della presidente di confindustria Emma Marcegaglia: il deprimente curriculum accademico del primo è stato oggetto di un numero dell'Espresso e per quanto riguarda la seconda, visto e considerato che porta lo stesso cognome dell'azienda che dirige possiamo considerare quali insormontabili difficoltà debba aver affrontato nell'ottenere cotanta posizione di prestigio da parte di suo padre.
Ora, il problema del merito come concetto esiste nella misura in cui l'ideologia del merito impedisce la discussione dei presupposti di una reale meritocrazia; per essere più diretti il problema è costituito da quanti, saliti al potere per ragioni tutt'altro che meritocratiche utilizzano il paravento del merito sia per nascondere l origine della propria posizione sia per disciplinare tutta quella massa di studenti e lavoratori scontenti e sottoccupati rendendoli responsabili di colpe non loro ,onde evitare che queste stesse persone si rendano conto di quanto la responsabilità della loro condizione risieda altrove.
Ora, considerato questo, rimane sempre la solita domanda “che fare?”: abbandonare totalmente il concetto di merito come ideologico ed irrealistico oppure selezionare alcuni correttivi che permettano di sostituire al “profumo del merito” una meritocrazia fattuale?
La risposta è tutt'altro che semplice, travalica lo scopo di questo semplice articolo e, data la sua importanza, nemmeno sarebbe corretto darla in questa sede; in effetti crediamo che la risposta debba emergere dalla discussione fra il giornale ed i suoi lettori, proprio per questo vorremmo che foste anche voi, insieme a noi, a ragionare sul concetto di merito.
Fatelo, mandandoci delle email, raccontandoci cosa pensate sul tema. Le proposte , i problemi segnalati e la discussione che ne scaturirà saranno poi pubblicati.

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