L'11 e il 14 marzo, a Vienna, si è tentato di mettere in scena una protesta europea contro il Processo di Bologna. Di questa protesta -il Bologna Burns- si possono leggere diversi reportage precisi e dettagliati (www.uniriot.org; bolognaburns.org), con questo articolo si spera invece di portare in luce alcune tematiche che, vivendo il contro-vertice in prima persona, mi sono sembrate interessanti.
Linguaggio: Già il fatto che si debbano svolgere assemblee e seminari in inglese (purtroppo non tutti) obbliga ad una riflessione politica importante sulla traduzione. Tradurre le proprie tematiche, le proprie proposte e i propri slogan non equivale ad un'operazione tecnica, ma significa sapere il contesto in cui temi e slogan vengono esplicitati, la situazione che si sta vivendo, le condizioni di vita. Significa conoscere le forme di vita che il linguaggio porta con sé.
Il Bologna Burns fa esplodere la questione della traduzione che, nel nostro tentativo di costruire network e reti orizzontali, non può essere delegata. La prospettiva che ci si apre è tradurre ogni nostra iniziativa locale (l'attacco locale è già offensiva globale contro il Bologna Process, contro il suo dispiegamento, e ciò è stato affermato più volte) e ogni seminario di autoformazione/Self-education nella dimensione globale. Tra l'altro questa prospettiva è già presupposta dal lavoro di ricerca che non può non essere globale.
Movimento: a) A Vienna l'apertura del famoso spazio europeo della protesta e del conflitto è avvenuto in una dimensione di massa e non di delegati. Con la nostra presenza massiccia come Network Uniriot, con i molti studenti dalla Germania e dai Balcani, si è creata una dinamica collettiva di partecipazione e di confronto. Probabilmente fare un paragone con la EuroMayDay può essere interessante. b) Vedere il movimento nel senso letterale di mobilità è fondamentale. Seppure con la sua difficoltà, possiamo farlo: le lotte per un nuovo welfare e contro il razzismo sono la lotta per la mobilità e quindi la lotta per costruire l'autoriforma/self-reform dell'università a livello globale. Ogni borsa di studio per la mobilità internazionale è un'opportunità per tessere relazioni e, quindi, costruire spazi diretti di comunicazione trans-nazionale.
Pratiche: a) Le pratiche/practices nella piazza. Si è scesi in piazza per bloccare le strade, gli incroci, la viabilità di Vienna. Quindi, ancora una volta, i blocchi, come in Francia, come in Italia, come in tutta Europa. L'orizzontalità è stata ricercata in tutti i modi ed in tutte le situazioni, dai seminari alla gestione della piazza, con risultati a volte confusi e altre volte molto interessanti.
b) Pratiche discorsive. Quello di cui si è parlato e il modo in cui se ne è parlato sono stati interessanti poiché la crisi, economica ed ecologica, è stata affrontata diverse volte insieme alla questione della precarietà con la presenza degli Squatting Teacher che hanno partecipato alla protesta.
Inoltre è stata ribadita la dimensione non solo europea della partita, con riferimento alla California, all'Iran, alla pervasività del Bologna Process oltre l'Europa.
Strumenti: L'utilizzo di strumenti di comunicazione nella rete è uno dei punti di forza della protesta viennese. Vienna è stata una buona palestra nell'utilizzo di social network e nella comunicazione multimediale. Le analogie con l'Iran e la California sono evidenti, tra YouTube e Twitter, dove esistono canali internazionali di studenti che protestano. Ci siamo posti così questioni sia interessanti che strane: - Cosa è un Bar Camp? - Come si utilizza Twitter? -Come si fa una diretta sui social network con sms? - Come si fa un documento wiki? - E la diretta streaming?
Non siamo tornati da Vienna con una rete europea, ma sono state create nuove e importanti relazioni. Solo all'interno di una dimensione di massa si potrà definire se riusciremo ad acquisire una forza europea e globale nelle lotte delle università e dei territori.
sabato 15 maggio 2010
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