Eserciti in allerta, navi americane dotate di sofisticati lanciatori antimissili nelle acque territoriali, presto un sistema integrato di missili “Patriot” lungo la costa degli Stati del GCC (Gulf Cooperation Council): non è una partita a Risiko e nemmeno la trama di un film, è lo scenario del Golfo Persico.
Mentre tutto l’occidente si allarma per la pericolosità di uno Stato sciita che porta lentamente avanti un programma nucleare, minacciando, a detta dei media, sia lo Stato di Israele che l’Europa, altre Nazioni, quelle posizionate lungo le coste del Golfo, che hanno tutte le ragioni di preoccuparsi, si stanno preparando al peggio già da molti anni, incrementando le spese militari e gli accordi con gli Stati Uniti.
Torniamo momentaneamente indietro alla morte di Maometto (nel 632) quando, per la successione, nascono le divisoni tra Sciiti e Sunniti. Le lotte precipitano nel sangue fino alla sconfitta dei sostenitori di Aly (cugino di Maometto), ed il popolo Sciita viene costretto ad emigrare in tutto il Medioriente, dove per secoli verrà sfruttato, represso e maltrattato. Nel 1979 i Fedayyin ed i Mujaheddin si uniscono all’esiliato Ayatollah Kohmeini che, fomentando una rivoluzione Islamica, riesce ad abbattere il regno dello Scià di Persia creando una repubblica basata sulla “Shari'a”, la legge di Dio.
Il programma di Kohmeini non si limitava all’Iran ma mirava ad esportare la rivoluzione in tutti quegli Stati monarchici governati da sunniti che per più di mille anni hanno sottomesso e represso le minoranze sciite al loro interno. L’Ayatollah voleva distruggere il sunnismo in tutta la regione ma gli Stati Uniti, con le monarchie Arabe, riuscirono a contenere la rivoluzione al solo territorio iraniano.
Dal 2003 un terremoto ha però scosso i Regni della penisola quando in Iraq il regime Sunnita per eccellenza viene abbattuto in nome della “democrazia”. Questa però non sempre porta alla pace: le richieste della nuova maggioranza sciita, repressa per anni, esplodono infatti in scontri violenti con la nuova minoranza sunnita, un vero e proprio “assist” all’Iran che, grazie ad ingenti finanziamenti, può contare su nuove maggioranze sciite anche in Libano, dove dal 2006 il partito di Hezbollah ha acquisito molto potere. È un asse tripartito, una Mezzaluna Sciita guidata da Teheran che illegalmente porta avanti una vera e propria guerra di religione, finanziando anche le rivolte tra Yemen e Arabia Saudita: qui la situazione è molto simile agli scontri paralleli tra USA e URSS durante la guerra fredda, ora però Ahmadinejad e chi con lui stanno solo testando le capacità dei loro finanziamenti alla ribellione, mentre in futuro lo scontro regionale è assicurato.
Pur essendo limitato da numerose sanzioni economiche, l’Iran riesce a muovere il proprio denaro grazie al sostegno di Dubai: sembrerà strano ma gli Emirati pur essendo Arabi preferiscono i soldi al rispetto dei valori sunniti ed è proprio questo che ha causato l’insolvenza della “Dubai World”. Secondo un operatore del settore economico di Dubai questa crisi è stata creata ad hoc da Gran Bretagna, Usa e Arabia Saudita per “tirare le orecchie” alla “Capitale del lusso”: ora Dubai è salva ma molto più controllata grazie all’intervento dell’Emiro di Abu Dhabi (di famiglia molto più religiosa e attenta alle politiche antisciite). È in corso quindi una vera e propria manovra di accerchiamento del nemico Iraniano: gli accordi di Dicembre del Gulf Cooperation Council incrementano ancora gli investimenti militari di collaborazione, gli Stati Uniti vengono autorizzati all’ingresso nel Golfo con le loro navi da guerra, a Febbraio, dopo un incontro con un rappresentante statunitense, il GCC ha comunicato l’installazione di uno scudo missilistico lungo tutta la costa dei sei Stati parte. L’Iran è deciso ad appropriarsi del trono di guida nel sistema egemonico regionale attraverso la destabilizzazione interna delle monarchie Arabe ed il finanziamento delle rivolte sciite, allo stesso modo gli Arabi sono intenzionati ad evitare con ogni mezzo possibile l’acquisto di ulteriore potere da parte della repubblica islamica: il prossimo teatro di conflitto sarà nuovamente il Golfo Persico.
sabato 15 maggio 2010
Una nuova guerra fredda, il Medioriente in fiamme
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