“C'era una volta un Uomo Comune che camminava sul mondo con una sensazione lieve in tasca;
non riuscendo ad esprimerla, si ritrovò soltanto più pesante di prima, come incapace di usare una moneta d'oro pur sentendola tintinnare nei pantaloni.”
Questa rubrica è nuova-nuova, è la numero zero, si fa pomposamente chiamare “Rubrica di Poesia”.
In teoria sarebbe mio dovere introdurvi le linee guida di questo spazio, presentarvi i suoi limiti e i suoi confini e le sue finalità quasi fossero i lati di un rettangolo, ben definiti ed asettici come un'incisione sul campo operatorio.
In pratica, però, non vi spiegherò nulla, perché per farlo dovrei enunciarvi il concetto di Poesia, nello stesso modo sterile e brutale con cui la definiscono i dizionari: “l'arte di comporre versi”.
Assurdo. Assurdo ed inconcepibile come il senso di quei fiori gialli che crescono tra i binari del treno.
Ditemi voi: come posso spiegare in poche righe che il poeta non ha bisogno di nessuna divinità perché gli basta vedere la nebbia alzarsi dalla campagna, due amanti su una panchina o l'autunno degli alberi per sentire la sua anima colmarsi e diventare cielo e primavera e sole e luna e farfalle e nuvole e terra e fiori tutto insieme e allora deve scrivere, scrivere, e scrivere ancora perché altrimenti gli sembra di aver le vene tanto piene da non poterci far stare nemmeno il sangue che scorre nel suo corpo?
Per essere Poeti basta così poco, un foglio, una penna e una Sensazione Lieve.
Dimentichiamoci gli endecasillabi e le rime baciate, AABBCC, le quartine e le terzine, la metrica, l'onomatopea e l'esametro.
Facciamo finta che non esistano e sentiamoci semplicemente poeti col nostro paio di emozioni in tasca e il vuoto sotto lo sterno.
Questa rubrica è uno spazio aperto, autogestito ed auto-evolvente, senza odiose pretese di torto o ragione, senza i presunti dettami della scrittura creativa, senza critiche e senza nomi altisonanti, perché è proprio così che mi piace immaginare la libera espressione di quei sentimenti resi musica dalle lettere e dalla punteggiatura e dall'aria che corre in gola di chi li legge ad alta voce.
Questa rubrica appartiene a chi ci scrive, perciò inviate le vostre opere all'indirizzo: tappetoletterario@libero.it
Aut-umn.
Stridono le tapparelle mentre vengono abbassate
e languiscono le marmitte
sbriciolandosi nella ruggine dell’usura;
percorrono i viali dove piovono le foglie come riso sul capo fiorito di sposa.
L’autunno, ospite sgradito, preme il viso sui vetri delle finestre
macchiando di sebo e unto la pulizia recente;
facendosi schermo dal riverbero con la mano a coppa
tenta di penetrare le intimità domestiche, raffreddando le ossa e calcificando le preoccupazioni.
Si cammina calpestando l’estate
che geme sotto i tacchi dei primi stivali pesanti;
la detestabile intransigenza così poco primaverile
fa capolino dalle agende colme di impegni e doveri.
E corrono i bambini nei cortili delle scuole
evitando le madri con i maglioni nelle mani
e bevono avidi le ultime tiepide brezze
catturando con le dita le farfalle inebetite.
Tra i precoci densi fumi di fiato
si consuma violenta la mia gioia;
mai sono stata così coerente con il tutto:
già marcia dentro, mentre fuori ingialliscono le piante.
giovedì 19 novembre 2009
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